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                                          Nichi Vendola 
                                      sabato 6 novembre ore 10.30 
                                      Varese - De Filippi  
                                      ............La sinistra rischiava di ridursi a custode di bellissime, imponenti,   ma immobili e indisponibili idee. Non avevamo perso soltanto un ruolo di   rappresentanza del paese, ma, quello che è peggio, anche un codice culturale, un   linguaggio, forse anche la capacità stessa di guardare al di là del recinto del   nostro meraviglioso giardino. Ci siamo ritrovati e non era un fatto scontato,   abbiamo ritrovato tanta passione, abbiamo ritrovato la consapevolezza che quelle   idee sono punti di domanda su di noi, sull’Italia, sul futuro della nostra   società e delle nuove generazioni. Sono strumenti di un progetto importante per   il nostro paese, coscienti del fatto che c’è un’Italia migliore. E vorremmo   condividerlo con tante e tanti 
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                                  Non c’è dubbio che il voto per le regionali   sia stato anche l’occasione per dare un giudizio su due anni di governo della   destra. Del resto è Berlusconi ad avere chiesto un voto per dare lo stesso   colore del Governo nazionale anche alle Regioni. Ma ha dell’incredibile come la   macchina mediatica di cui dispone il Cavaliere abbia fatto del voto delle   Regionali, a lui favorevole, l’occasione per la spallata definitiva sul piano   dell’assetto istituzionale e dell’impunità che le istituzioni dovrebbero   concedergli. Un voto sostanzialmente amministrativo e articolato viene piegato a   un obiettivo estraneo a quelli dichiarati nella campagna stanca e stucchevole   che ha coinvolto cittadini riluttanti e che ha riservato il massimo storico   delle astensioni.  
                                  Proprio perché Berlusconi teorizza per gli elettori una   funzione da spettatori – e il centrosinistra ne è benevolmente succube –,   occorre sfatare l’illegittimità del percorso che il Premier e il suo sodale   Bossi vogliono intraprendere: giustizia ad personam, federalismo e   presidenzialismo come priorità del Paese immerso nella più profonda e trascurata   crisi del dopoguerra. Provo qui di seguito ad avanzare una analisi “irrituale”   del voto nazionale e di quello lombardo, del cui esito sono stato testimone   diretto in campagna elettorale, per confutare le pretese (del tutto   antidemocratiche) messe in agenda dai vincitori e così mal e poco contrastate   dallo schieramento che dovrebbe essere più vicino agli interessi colpiti dalla   crisi.  | 
                                 
                                
                                  20 APRILE 2010  
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                                  Primo: i numeri. Ovvero l’assenteismo e la riconferma della   “dottrina” bipartisan degli elettori-spettatori 
                                     
                                    Alle elezioni “vinte” da   Berlusconi con 1 voto ogni 7 aventi diritto, 3 cittadini su 7 non votano.  
                                     
                                    Su 100   elettori,  
                                    39 non partecipano,  
                                    29 votano i due partiti maggiori del “bipolarismo”   (PdL e PD),  
                                    12 vanno ai partiti più irriducibili negli schieramenti (Lega e   IdV),  
                                    20 mettono la croce su una decina di formazioni minori.  
                                     
                                    In Lombardia i   numeri corrispondenti sono ancora più impressionanti:  
                                    36 si astengono (64,6% di   votanti contro il 72,9% del 2005),  
                                    30 votano i due partiti “bipolaristi”,  
                                    21   vanno a Lega+IdV,  
                                    13 vanno sparsi.  
                                     
                                    La questione del Nord è racchiusa   nello spostamento verso il PdL dell’asse del rapporto interno a quei 30 e nel   peso aggiuntivo tutto dovuto alla Lega per raggiungere il ragguardevole numero   di 21 “antagonisti”.  
                                    In tutto, grosso modo, non più di 10 elettori su 100 in media nelle regioni “creditrici”: Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia, quelle   cioè sufficentemente ricche da avere un gettito fiscale tanto elevato da poter   contribuire ai servizi essenziali nelle regioni “debitrici”.                                    | 
                                 
                               
                              
                                
                                   Sta qui, in questi   scarni numeri amplificati dalla non partecipazione al voto e dalla dispersione a   sinistra, perfino la presunta legittimazione dell’occupazione delle   banche da parte di Bossi. Un’idea che sembrerebbe autorizzare una sorta di   democrazia territoriale (chi vince le elezioni comanda nei CdA delle banche del   territorio) e che invece nasce da un disegno eversivo, che è quello di collegare   strutture economiche private di natura aziendale controllate dal pubblico e   sovrastrutture istituzionali onde assicurare all’economia un equilibrio   autosufficiente e per collegare la struttura economica con la sovrastruttura   istituzionale del federalismo. 
                                  Ma tutto lo “spettacolo” della politica mediatica è incentrato sul   “confronto-incontro” che riguarda 30 elettori su cento, con almeno 70 (dislocati   in diverso modo tra media nazionale e Lombardia) su posizioni divaricate e non   riconducibili alla partita a cui sono invitati da spettatori ininfluenti o da   tifosi di riserve intemperanti (come l’abile e spregiudicato “Senatur”) tenute   in panchina, ma pronte a sfondare se giocano secondo lo schema dell’allenatore.   Nemmeno i 30 con maglie identificabili per diverso colore hanno un qualche ruolo   partecipativo: le designazioni dal centro e la gabbia di ferro degli apparati   circoscrivono la loro interazione con la “politica”.  
                                  Rispetto alle regionali   di cinque anni fa  
                                  la Lega ha avuto un incremento di 1.370.000 voti,  
                                  l’IdV ha   registrato + 1.227.000 voti,  
                                  mentre il PdL è diminuito di 1.069.000 e  
                                  il PD di   2.004. 000.  
                                   
                                  Utilizzando come riferimento lo schema introdotto precedentemente,    
                                  gli astenuti sono aumentati di 3.000.000,  
                                  la coppia Lega-IdV ha guadagnato   2.469.000 elettori,  
                                  quella PdL-PD ne ha persi 3.538.000.  
                                  In sostanza il peso   della Lega nel centrodestra è passato dal 16% al 31%, quello dell’IdV nel   centrosinistra dal 4% al 21%.  
                                   
                                  Nelle tre regioni Lombardia Piemonte, Veneto, la   Lega, con un indice altissimo di fedeltà e pur perdendo 80.000 voti rispetto   alle europee, raggiunge quota 2.292.000, uguagliando il PdL a quota 2.384.000.    
                                   
                                  Alla luce di questi numeri c’è da chiedersi sulla base di quale consenso possa   assumere priorità la ridiscussione dei principi della Costituzione, a partire da   un patto Bossi-Berlusconi e da un possibile inciucio con Bersani e quale sia la   ragione che possa portare un centrosinistra con una storia formidabile alle   spalle ad accettare l’agenda che viene imposta con la sua potenza mediatica dal   Cavaliere.  
                                   
                                  In quali numeri, democraticamente verificati, sta la legittimità di   sequestrare, nell’"era di Obama", un dibattito e un impegno straordinario sulla   più terrificante crisi economico-sociale-ambientale del dopoguerra, con le   pretese di cambiare sostanzialmente i principi di uguaglianza (col federalismo)   e di democrazia (col presidenzialismo) affermati nella Costituente con un grado   di partecipazione irripetibile e perciò vincolato a criteri di revisione   obbligatoriamente a maggioranza qualificata?  
                                   
                                  Da dove viene questa insopportabile   arrendevolezza del PD se non da una sua irrimediabile crisi di identità che   tutti noi dobbiamo contribuire urgentemente a risolvere? 
                                   
                                  Secondo: il voto in Lombardia 
                                  Dentro la nostra democrazia malata, il   primo dato evidente anche in Lombardia è l’elevato astensionismo che determina   una partecipazione al voto del 64,6% rispetto al 72,9% della precedente elezione   regionale.  
                                   
                                  Il secondo dato rilevante è l’ulteriore affermazione di Formigoni (56,1%) e della Lega (26,2%).  
                                  Formigoni riesce per la quarta volta consecutiva a   consolidare e a far crescere il consenso convinto degli “spettatori” (vedi la   procace curatrice di Berlusconi nel listino del sant’uomo) al modello di società   che esprime, con l’aggiunta sempre più determinante di uno zoccolo identitario e   fidelizzato, che si affida ciecamente al gruppo dirigente della Lega   (incredibile e deprimente è il massimo di preferenze a Brescia per il figlio di   Bossi).  
                                  Un consenso che, per dimensioni, coinvolge tutte le componenti sociali,   dal lavoratore alla catena di montaggio fino all’artigiano e al piccolo   imprenditore, dall’insegnante al commerciante, dai precari ai dipendenti della   grande distribuzione, e depotenzia qualsiasi elemento di critica, anche quello   più organico e strutturato preoccupato della crisi e del futuro, come in parte è   stato quello prodotto da noi in cinque anni di legislatura e che è raccolto in   due pubblicazioni di Unaltralombardia.  
                                   
È importante sottolineare il dato   della Lega che passa dal 15,8% al 26,2%, cioè in voti assoluti da 693.464 a   1.117.227 e da 11 a 18 consiglieri 
. 
Alla verifica elettorale, occorre dirlo,   non si è resa visibile nessuna alternativa credibile al centrodestra.  
Questo   dato non stupisce perché negli ultimi cinque anni vi è stata una scarsa   opposizione.  
 
Il maggior partito dello schieramento di centrosinistra, cioè il   Pd, ha anticipato in Regione “la corsa da solo”, ha gettato alle ortiche   l’Unione e si è interessato alla proprie dinamiche interne di partito,   inseguendo la destra sulla maggior parte delle questioni aperte (federalismo,   infrastrutture, leggi sul territorio, privatizzazione del welfare).  
Un Pd che   “tiene” sul piano percentuale, poco penalizzato dall’astensionismo complessivo,   ma che perde circa 200.000 voti assoluti rispetto a cinque anni fa (da 1.186.848   a 976.111).  
 
Al contrario, l’Italia dei Valori incrementa fortemente i propri   voti, più grazie all’esposizione mediatica nazionale del suo leader che alla   presenza territoriale.  
I risultati evidenziano che l’IdV passa dall’1,4 % al   6,2% cioè da 61.431 voti a 267.954 e da 1 a 4 consiglieri.  
 
Va poi sottolineata   l’inaspettata performance del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo che raccoglie   144.588 voti in parte “sottratti” all’Idv, alle sinistre e forse   all’astensionismo.  
Fa riflettere il fatto che un movimento di questa natura   raccolga più consensi delle singole forze della Sinistra (Sinistra   Ecologia Libertà e Federazione della Sinistra).  
 
La Federazione della Sinistra   (Rifondazione Comunista e Comunisti Italiani), presentatasi con un proprio   candidato presidente, non raggiunge il quorum richiesto (3%) si ferma al 2,3%   con 87.220 voti e resta fuori dal Consiglio Regionale.  
I 113.749 consensi ad   Agnoletto segnalano la consistenza di un voto disgiunto.  
 
Se confrontiamo   i dati delle elezioni europee di un anno fa di Sinistra Ecologia Libertà (Sel)   registriamo, con l’uscita da Sel dei Verdi e dei Socialisti e l’assenza della   lista in quattro province della Lombardia, quasi un dimezzamento dei voti,   perché si passa da 106.126 voti a 59.112, cioè dall 1,9% all’1,4%.  
E se   consideriamo che nelle regionali del 2005 Rifondazione Comunista e i Comunisti   Italiani avevano raccolto 353.184 voti ci rendiamo conto di quale disastro   abbia investito la sinistra. 
Per quanto riguarda poi ulteriormente Sel, i   suoi risultati migliori sono conseguiti nei capoluoghi e, nelle province,   laddove è minore la distanza tra Formigoni e Penati (sotto i 30 punti   percentuali). 
 
Concludo con un dato provocatorio, assemblato non solo per pura   curiosità:  
a Milano città la somma IdV+SEL+Grillo+PRC+Verdi+PSI raggiunge una   quota pari a quella della Lega (16,8%)!  
Ma i voti della Lega sono in mano a Salvini e alle avventure xenofobe che scorazzano da via Padova ai campi   nomadi, da sgombrare con uno stillicidio quotidiano.  | 
                                 
                               
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                                ----Messaggio originale---- 
                                  Da: angelo zappoli - Data: 10/02/2010   7.54 
                                  A: <info@malnate.org > Ogg: elezioni regionali 
                                   
                                  .......................................................................................................................................................Varese,   10 febbraio 2010 
                                L’assemblea provinciale di Sinistra Ecologia Libertà ha  approvato la lista provinciale per le elezioni regionali del 28-29 marzo 2010. 
                                  Nella  composizione della lista si è tenuto conto delle esperienze individuali nonché  della necessità di garantire il più possibile la rappresentanza tra i sessi e  quella territoriale. 
                                La  lista è così composta: 
                                
                                  
                                    | AGOSTINELLI Mario | 
                                    nato a  Treviglio il 4 giugno 1944 - ricercatore | 
                                   
                                  
                                    | BARLETTA Sergio  | 
                                    nato  a Parenti il 10 aprile 1955 - libero professionista | 
                                   
                                  
                                    | COLOMBO Cinzia | 
                                    nata  a Gallarate il 28 agosto 1969 – educatrice | 
                                   
                                  
                                    | DRAGONETTI Giulia | 
                                    nata  a Senise il 4 ottobre 1951 – impiegata | 
                                   
                                  
                                    | SAIBENE Luca  | 
                                    nato  a Saronno il 12 gennaio 1978 – impiegato | 
                                   
                                  
                                    | SCRIVO Giuseppe | 
                                     nato a Catanzaro il  28 maggio 1958 – impiegato | 
                                   
                                 
                                L’Assemblea  provinciale di Varese ritiene che la candidatura di Mario AGOSTINELLI, oltre che per il ruolo assunto negli anni in provincia  di Varese, debba essere considerata come punto di riferimento anche a livello  regionale. L’esperienza maturata come consigliere regionale nella legislatura  ormai al termine, l’impegno sui temi del lavoro come quello sulle questioni  ambientali e la tutela dei beni comuni, i rapporti costruiti con molteplici  movimenti e associazioni sul tema della globalizzazione e della pace, fanno di  Mario AGOSTINELLI un candidato  ideale per caratterizzare il profilo politico di Sinistra Ecologia Libertà  all’interno della coalizione. 
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